mercoledì 2 marzo 2016

Caro Boncinelli, l’affidarsi al sacro è una scelta di salutare realismo | UCCR

 
di Maria Beatrice Toro
*docente di Psicoterapia e Psicologia presso l’Università “La Sapienza” e l’Università “LUMSA” di Roma

Come abbiamo avuto occasione di scrivere, la persistenza della religiosità e della spiritualità, sopravvissute al processo di secolarizzazione caratteristico dell’epoca moderna, costituisce una delle sfide a quella corrente di pensiero che identifica tout court il senso del sacro come una forma di residuale irrazionalità sul cammino della mente positiva.
Con grande meraviglia rispetto alla inesauribile persistenza del senso del sacro nella mente umana, che è presente in tanti diversi contesti, di semplicità, ma anche raffinatezza culturale (mi riferisco a scienziati, filosofi, intellettuali credenti), Richard Dawkins, Lewis Wolpert ed altri numerosi autori, italiani e stranieri, hanno scritto saggi e riflessioni, a cui oggi si va ad aggiungere il libro Contro il sacro, di Edoardo Boncinelli
Ognuno con un suo ragionamento e con declinazioni differenti, essi sostengono che, cercando riferimenti e appigli per i suoi ragionamenti sulla causa dell’esistenza, l’essere umano tenda erroneamente a esportare categorie fisiche quali quelle di causa ed effetto anche in ambiti più ampi,inventando una dimensione trascendente che non ha altre ragioni d’essere che non siano l’errore e la paura. Chi rifiuta la posizione per cui la matrice della vita sia il caso, invoca il sacro, ovvero qualcosa di separato dalla nostra dimensione umana, come principio e senso ultimo della vita. Si può pensare che questo ci “deresponsabilizzi” supponendo che non tutto sia in nostro potere?
A livello psichico il riconoscimento di un limite, lungi dal rendere più irresponsabili, mi sembra ...

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