Ripropongo, un pò rivisitato, un articolo che ho scritto tempo fa:
Einstein ha rivoluzionato completamente la concezione della fisica con la sua Teoria della relatività. E' stato un uomo veramente intelligente, semplice e curioso.
Non si è chiuso nel suo sapere come molti scienziati moderni, espertissimi su un particolare scientifico da cui traggono ispirazioni esistenziali e filosofiche, ma banali e superficiali su tutto il resto.
Un'esempio lampante è la professoressa Margherita Hack, importante astrofisica di penosa e imbarazzante umanità, che si permette, tra l'altro, di sbeffeggiare celebri scienziati, ben più importanti di lei, definendoli "sempliciotti che credono ancora a Dio, alla befana e alle favole". Einstein, suo collega, era di tutt'altra pasta.
Come disse l'allora cardinale Ratzinger: con il solo uso della ragione, senza che entri in gioco la fede, l'uomo può arrivare a riconoscere l'esistenza di Dio. E' il caso di Albert Einstein, come lo dimostrano le numerose dichiarazioni da lui rilasciate e qui in parte riportate.
- Iniziamo andando subito oltre al luogo comune che uno scienziato deve essere per forza ateo. Lui stesso affermò:
"La scienza contrariamente ad un'opinione diffusa, non elimina Dio. La fisica deve addirittura perseguitare finalità teologiche, poichè deve proporsi non solo di sapere com'è la natura, ma anche di sapere perchè la natura è così e non in un'altra maniera, con l'intento di arrivare a capire se Dio avesse davanti a sè altre scelte quando creò il mondo"
(Holdon, The Advancemente of Science and Its Burdens, Cambridge University Press, New York 1986, pag. 91)
- Una dichiarazione nel pieno della sua maturità che lascia pochi dubbi sulla sua posizione religiosa:
"Trovi sorprendente che io pensi alla comprensibilità del mondo come a un miracolo o a un eterno mistero? A priori, tutto sommato, ci si potrebbe aspettare un mondo caotico del tutto inafferrabile da parte del pensiero. Ci si potrebbe attendere che il mondo si manifesti come soggetto alle leggi solo a condizione che noi operiamo un intervento ordinatore. Questo tipo di ordinamento sarebbe simile all’ordine alfabetico delle parole di una lingua. Al contrario, il tipo d’ordine che, per esempio, è stato creato dalla teoria della gravitazione di Newton è di carattere completamente diverso: anche se gli assiomi della teoria sono posti dall’uomo, il successo di una tale impresa presuppone un alto grado d’ordine nel mondo oggettivo, che non era affatto giustificato prevedere a priori. È qui che compare il sentimento del “miracoloso”, che cresce sempre più con lo sviluppo della nostra conoscenza. E qui sta il punto debole dei positivisti e degli atei di professione, che si sentono paghi per la coscienza di avere con successo non solo liberato il mondo da Dio, ma persino di averlo privato dei miracoli. La cosa curiosa, certo, è che dobbiamo accontentarci di riconoscere il “miracolo”, senza poter individuare una via legittima per andar oltre. Capisco che devo ben esplicitare quest’ultima considerazione in modo che non ti venga in mente che, indebolito dall’età, io sia divenuto vittima dei preti".
(A. Einstein, Lettera a Maurice Solovine, GauthierVillars, Parigi 1956 p.102)
- A propostio di casualità tappabuchi:
"L'uomo che è convinto dell'esistenza e della operatività della legge di causalità non può concepire l'idea di un Essere che interferisce con il corso degli eventi. A patto naturalmente che egli prenda l'ipotesi della causalità veramente sul serio.
(dal New York Times Magazine, 9 novembre 1930)
- Non era certo cattolico, ma totalmente aconfessionale, e non amava molto i preti, anche se, lui che era ebreo, ha riconosciuto questo:
"Essendo un amante della libertà, quando avvenne la rivoluzione in Germania, guardai con fiducia alle università sapendo che queste si erano sempre vantate della loro devozione alla causa della verità. Ma le università vennero zittite. Allora guardai ai grandi editori dei quotidiani che in ardenti editoriali proclamavano il loro amore per la libertà. Ma anche loro, come le università vennero ridotti al silenzio, soffocati nell'arco di poche settimane. Solo la Chiesa rimase ferma in piedi a sbarrare la strada alle campagne di Hitler per sopprimere la verità. Io non ho mai provato nessun interesse particolare per la Chiesa prima, ma ora provo nei suoi confronti grande affetto e ammirazione, perché la Chiesa da sola ha avuto il coraggio e l'ostinazione per sostenere la verità intellettuale e la libertà morale. Devo confessare che ciò che io una volta disprezzavo, ora lodo incondizionatamente"
(Dichiarazione di Albert Einstein pubblicata da Time magazine, 23 dicembre 1940, pag.40)
- Sorprende la durezza che aveva verso gli atei di professione:
"Gli atei fanatici sono come schiavi che ancora sentono il peso delle catene dalle quali si sono liberati dopo una lunga lotta. Essi sono creature che - nel loro rancore contro le religioni tradizionali come 'oppio delle masse' - non posso sentire la musica delle sfere".
(Isaacson, Einstein: His Life and Universe, Simon e Schuster 2008)
- Togliendo Dio dalla vita se ne toglie il senso. Vivere senza senso è sopravvivere, e non vivere:
"Nelle leggi della natura si rivela una ragione così superiore che tutta la razionalità del pensiero e degli ordinamenti umani è al confronto un riflesso assolutamente insignificante. Qual è il senso della nostra esistenza, qual è il significato dell'esistenza di tutti gli esseri viventi in generale? Il saper rispondere a una siffatta domanda significa avere sentimenti religiosi. Voi direte: ma ha dunque un senso porre questa domanda. Io vi rispondo: chiunque crede che la sua propria vita e quella dei suoi simili sia priva di significato è non soltanto infelice, ma appena capace di vivere".
(Albert Einstein, Religione e scienza, 1930)
- Ecco la citazione che smentisce l'affermazione che Einstein fosse ateo o panteista e che non prendesse in considerazione Dio (seppur non quello cristiano).
"Io non sono ateo e non penso di potermi definire panteista. Noi siamo nella situazione di un bambino che è entrato in una immensa biblioteca piena di libri scritti in molte lingue. Il bambino sa che qualcuno deve aver scritto quei libri, ma non sa come e non conosce le lingue in cui sono stati scritti. Sospetta però che vi sia un misterioso ordine nella disposizione dei volumi, ma non sa quale sia. Questa mi sembra la situazione dell’essere umano, anche il più intelligente, di fronte a Dio. La convinzione profondamente appassionante della presenza di un superiore potere razionale, che si rivela nell’incomprensibile universo, fonda la mia idea su Dio".
(Einstein: His Life and Universe, Simon e Schuster, pag. 27)
"La parola "dio" per me non è nulla se non l'espressione di un prodotto della debolezza umana, la bibbia una collezione di onorevoli, ma pur sempre puramente primitive, leggende che sono comunque piuttosto infantili. Nessuna interpretazione per quanto sottile può cambiare questo fatto. Per me la religione ebraica, così come tutte la altre religioni, è una incarnzazione delle più infantili superstizioni.
(da una lettera a Erik Gutkind, gennaio 1954)
Oppure: "L'idea di un Dio personale è un concetto antropologico che non sono capace di prendere seriamente".
(da una lettera del 1946; citato in Helen Dukas and Banesh Hoffman, Albert Einstein – The Human Side)
Commento: l'idea e la certezza di un Dio personale non si raggiungono solo con l'intelligenza. Occorre farne esperienza in un incontro umano, in un'umanità diversa ed inspiegabile. Questo dipende dalla storia e dalla libertà di ognuno. E poi c'è da dire che anche lui diceva qualche sciocchezza ogni tanto, come questa:
"Sono diventato vegetariano per ragioni etiche, oltre che salutistiche. Credo che il vegetarismo possa incidere in modo favorevole sul destino dell'umanità.
(citato in Franco Libero Manco, Biocentrismo. L'alba della nuova civiltà, Nuova Impronta Edizioni, Roma 1999, p. 201)
- Ecco ancora che spiega la presenza di quello Spirito superiore, cioè Dio:
"Quello che vedo nella natura è una struttura stupenda che possiamo capire solo in maniera molto imperfetta e davanti alla quale la persona riflessiva deve sentirsi pervasa da un profondo senso di ‘umiltà’. È un sentimento sinceramente religioso che non ha nulla a che vedere con il misticismo. La mia religiosità consiste in un’umile ammirazione di quello Spirito immensamente superiore che si rivela in quel poco che noi, con il nostro intelletto debole e transitorio, possiamo comprendere della realtà. Voglio sapere come Dio creò questo mondo. Voglio conoscere i suoi pensieri; in quanto al resto, sono solo dettagli".
(Einstein: Pensieri di un uomo curioso, Mondadori '97)
- Ancora questo Dio, questa X suprema che governa le costanti fisiche:
"Ciò che veramente mi interessa è se Dio avesse potuto fare il mondo in una maniera differente, cioè se la necessità di semplicità logica lasci qualche libertà".
(S. W. Hawking e W. Israel, Einstein. A Centenary Volume, Cambridge University Press 1987)
- Ecco un'altra prova: la fonte è presa dal libro scritto da Helen Dukas, segretaria di Einstein, scelta dal grande fisico nel suo testamento come erede per tutti i diritti dei suoi testi e delle sue pubblicazioni. Più attendibile di così..
"Chiunque sia veramente impegnato nel lavoro scientifico si convince che le leggi della natura manifestano l’esistenza di uno Spirito immensamente superiore a quello dell’uomo, e di fronte al quale noi, con le nostre modeste facoltà, dobbiamo essere umili".
(H. Dukas and B. Hoffmann Albert Einstein: the Humane side, Princeton 1989, p. 32)
- Dio è riconsocibile, come affermò Ratzinger, anche senza la fede ma con il solo uso della ragione:
"La mia religiosità consiste nell’umile ammirazione dello spirito infinitamente superiore che rivela se stesso nei minimi dettagli che noi siamo in grado di comprendere con la nostra fragile e debole intelligenza".
(Brian, Einstein a life, 1996)
- Il grande matematico cattolico Francesco Severi, amicissimo di Einstein, nel suo libro "Dalla scienza alla fede" (e poi ripreso dal Corriere della Sera del 1955) racconta che poco prima che Einstein morisse, mentre assieme affrontavano il tema religioso, lui disse:
"Chi non ammette l’insondabile mistero non può essere neanche uno scienziato".
(Francesco Saveri, Dalla scienza alla fede, Edizioni Pro Civitate Christiana, Assisi 1959, pag. 103).
- Einstein è anche stato definito positivista o neopositivista (cioè chi pretende affermare che la scienza è l'unica area in grado di affermare delle verità). Pazientemente Einstein risponde in modo molto scientifico:
"Io non sono positivista. Il positivismo stabilisce che quanto non può essere osservato non esiste. Questa concezione è scientificamente insostenibile, perché è impossibile fare affermazioni valide su ciò che uno “può” o “non può” osservare. Uno dovrebbe dire: "Solo ciò che noi osserviamo esiste". Il che è ovviamente falso".
(Brian, Einstein a life, 1996)
- Neanche lui può sottrarsi dal fascino di Gesù. Lo fa in un'intervista:
"Fino a che punto è influenzato dalla cristianità?" "Da bambino ho ricevuto un'istruzione sia sul Talmud che sulla Bibbia. Sono un ebreo, ma sono affascinato dalla figura luminosa del Nazareno". "Ha mai letto il libro di Emil Ludwig (anticristiano) su Gesù?". "Il libro di Ludwig è superficiale. Gesù è una figura troppo imponente per la penna di un fraseggiatore, per quanto capace. Nessun uomo può disporre della cristianità con un bon mot". "Accetta il Gesù storico?" "Senza dubbio! Nessuno può leggere i Vangeli senza sentire la presenza attuale di Gesù. La sua personalità pulsa ad ogni parola. Nessun mito può mai essere riempito di una tale vita".
(A.Einstein, "The Saturday Evening Post", 26.10.1929)
- Di fronte al mistero della realtà la scienza rimarrà sempre imperfetta. Un'altra testimonianza di ciò
Count Kessler un giorno gli disse: "Professore sento dire che lei è profondamente religioso". Einstein gli rispose: "Sì, Lei può dirlo. Cerchi e penetri con i limiti della nostra mente i segreti della natura e scoprirà che, dietro tutte le discernibili concatenazioni, rimane sempre qualcosa di sottile, di intangibile e inesplicabile. La venerazione per questa forza, al di là di ogni altra cosa che noi possiamo comprendere, è la mia religione. A questo titolo io sono religioso".
(Brian, Einstein a life, 1996)
- Il sentimento religioso è, per Einstein, una convinzione razionale.
"La ricerca scientifica può diminuire la superstizione incoraggiando il ragionamento e l'esplorazione causale. E' certo che alla base di ogni lavoro scientifico un po' delicato si trova la convinzione, analoga al sentimento religioso, che il mondo è fondato sulla ragione e può essere compreso".
(Einstein, La ricerca scientifica, in Come io vedo il mondo 1934)
- Forte del suo principio "deterministico" e convinto che qualcuno sarebbe riuscito a scoprire contraddizioni nella meccanica quantistica perchè, affermò:
"Dio non gioca a dadi"
(Einstein e Bohr, Scienza e vita, lettere '16-'55, Einaudi 1997, pag. 176)
- E ancora:
Anche se gli assiomi della teoria della gravitazione di Newton sono posti dall'uomo, il successo di una tale impresa presuppone un alto grado d'ordine nel mondo oggettivo, che non era affatto giustificato prevedere a priori. È qui che compare il sentimento del "miracoloso", che cresce sempre più con lo sviluppo della nostra conoscenza. E qui sta il punto debole dei positivisti e degli atei di professione, che si sentono paghi per la coscienza di avere con successo non solo liberato il mondo da Dio, ma persino di averlo privato dei miracoli. La cosa curiosa, certo, è che dobbiamo accontentarci di riconoscere il "miracolo", senza poter individuare una via legittima per andar oltre.
(da una lettera a Maurice Solovine, GauthierVillars, Parigi, 1956)
Cosa traspare da queste citazioni (ce ne sono ancora tantissime)?
Senza volerlo etichettare, Einstein indubbiamente credeva in un Dio sovra-personale ("ausserpersönlichen" come da lui definito), cioè un Dio "fisico" e non "morale" come nella concezione ebraico-cristiana, però un Dio presente nella natura (pur senza identificarsi con essa) in modo misterioso. Il cristiano arriva allo stesso punto, ma fa un passo in più: riconoscendo la divinità e la resurrezione di Gesù (grazie al metodo della fede) dà un nome a questo Dio tanto cercato dagli uomini e ne percepisce la presenza contemporanea, qui ed ora (hic et nunc)