
Il dott. Renzo Puccetti, specialista in Medicina Interna e Segretario dell’associazione “Scienza e Vita” di Pisa e Livorno, membro dell'Unità di Ricerca della European Medical Association e Ricercatore in merito all’utilizzo dei contraccettivi, spiega perché il Papa ha ragione quando afferma che l'uso del profilattico non basta per combattere l'AIDS, ma occorre innanzitutto un cambiamento culturale. Lo scienziato parla del suo libro, intitolato appunto: “Il Papa ha ragione”, scritto in occasione delle dichiarazioni del Papa sul profilattico durante il suo viaggio in Africa: «Insieme a Cesare Cavoni, abbiamo svolto un lavoro per cercare di mettere in evidenza i fatti: che cosa disse veramente il Papa, come la stampa ci ricamò sopra con notevole creatività, quali sono gli effetti della strategia volta a contrastare l’AIDS in Africa affidandosi alla distribuzione e diffusione del preservativo, conosciuti attraverso le fonti clinico-epidemiologiche. Nel nuovo libro il Papa dice che il preservativo “non è il modo vero e proprio per vincere l’infezione da HIV”. Non mi sembra di notare alcun mutamento di posizione. Quello a cui si riferisce, la giustificabilità dell’uso del preservativo da parte di una prostituta, mi pare costituisca un classico esempio di applicazione della casistica in ambito morale. Ora è chiaro che le parole del Papa non giustificano certamente la moralità della prostituzione, una intrinseca falsificazione del significato dell’atto sessuale, ma colgono nell’uso del preservativo da parte di questa donna concreta un primo passo verso una presa di coscienza della dignità del proprio corpo come entità inscindibile dalla propria persona».
Perché la contraccezione non riduce gli aborti?
Il dott. Puccetti risponde: «Teoricamente per impedire gli aborti e realizzare i propri obiettivi riproduttivi affidandosi alla contraccezione le donne dovrebbero adottare metodi contraccettivi in modo perfetto per circa 27 anni, un obiettivo che per chi conosce i dati è del tutto irrealistico. Inoltre molte fonti attestano che i determinanti immediati dell’aborto non poggiano solamente sulla contraccezione, ma vi sono molti altri elementi, soprattutto di ordine comportamentale a loro volta radicati nella formazione delle convinzioni. La promozione e diffusione della contraccezione si associa a cambiamenti comportamentali caratterizzati da un maggior rischio di gravidanze indesiderate ed una maggiore attitudine ad abortire in tali circostanze vanificando, o persino capovolgendo l’attesa riduzione degli aborti. Stati Uniti, Francia, Inghilterra, Galles, Scozia, Svezia, Olanda sono tutti terreni in cui queste dinamiche si sono realizzate. Non dobbiamo limitarci ad invocare la necessità di un’educazione sessuale nelle scuole se prima non si comprende che questa, al di là delle buone intenzioni, riducendosi ad educazione genitale con molta probabilità non risolve i problemi. La contraccezione tende ad impoverire la volontà delle persone, la capacità di dominio delle proprie pulsioni. Non si tratta di ipotesi, ma di fatti che una vera scienza non può disconoscere». L'intervista è apparsa su Zenit.it
Conferma il tutto il dott. Antonio Masuri, capo di una missione in Kenya. A Il Messaggero spiega: «Il profilattico senza conoscenza non basta. Il nostro primo lavoro è quello di educare la persona alla tutela della salute e ad una sessualità più legata ai sentimenti. L'esperienza ci insegna che purtroppo anche laddove arrivano grandi quantità di profilattici le persone continuano a scambiarsi il virus. Proponiamo sessualità consapevole, se occorre anche l'astinenza in certi casi».





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