Hanno destato scalpore le anticipazioni sul libro-intervista di Benedetto XVI circa l’uso del condom in alcuni casi particolari. Il Papa non ha affatto giustificato moralmente l'esercizio disordinato della sessualità, ma ritiene che l'uso del profilattico per diminuire il pericolo di contagio dell'AIDS, sia un primo atto di responsabilita, un primo passo sulla strada verso una sessualità più umana, piuttosto che il non farne uso esponendo l'altro al rischio della vita. Per questo padre Federico Lombardi ha dichiarato che questa «non può essere certo definita una svolta rivoluzionaria». Il profilattico continua comunque a rimanere non strettamente necessario. Prima di sentire il parere dei medici, vale la pena ascoltare le parole delle donne africane, come ad esempio Rose Busingye, infermiera ugandese che passa la sua vita ad accogliere e curare gli ammalati di Aids a Kampala: «In pochi anni si è passati dal 21 per cento della popolazione infetta al 6,4 per cento di oggi. Lo abbiamo fatto senza distribuire preservativi, ma educando le persone. Anche grazie al nostro presidente. Qui non abbiamo medicine, si muore di malaria, di dissenteria. E ci vogliono mandare i preservativi. Ma che coraggio hanno di fronte al mondo di dire che il bisogno dell’Africa è un preservativo?» (da Il Foglio, 20/3/09).
Il dott. Renzo Puccetti, specialista in Medicina Interna e Segretario dell’associazione “Scienza e Vita” di Pisa e Livorno, membro dell'Unità di Ricerca della European Medical Association e Ricercatore in merito all’utilizzo dei contraccettivi, spiega perché il Papa ha ragione quando afferma che l'uso del profilattico non basta per combattere l'AIDS, ma occorre innanzitutto un cambiamento culturale. Lo scienziato parla del suo libro, intitolato appunto: “Il Papa ha ragione”, scritto in occasione delle dichiarazioni del Papa sul profilattico durante il suo viaggio in Africa: «Insieme a Cesare Cavoni, abbiamo svolto un lavoro per cercare di mettere in evidenza i fatti: che cosa disse veramente il Papa, come la stampa ci ricamò sopra con notevole creatività, quali sono gli effetti della strategia volta a contrastare l’AIDS in Africa affidandosi alla distribuzione e diffusione del preservativo, conosciuti attraverso le fonti clinico-epidemiologiche. Nel nuovo libro il Papa dice che il preservativo “non è il modo vero e proprio per vincere l’infezione da HIV”. Non mi sembra di notare alcun mutamento di posizione. Quello a cui si riferisce, la giustificabilità dell’uso del preservativo da parte di una prostituta, mi pare costituisca un classico esempio di applicazione della casistica in ambito morale. Ora è chiaro che le parole del Papa non giustificano certamente la moralità della prostituzione, una intrinseca falsificazione del significato dell’atto sessuale, ma colgono nell’uso del preservativo da parte di questa donna concreta un primo passo verso una presa di coscienza della dignità del proprio corpo come entità inscindibile dalla propria persona».
Perché la contraccezione non riduce gli aborti?
Il dott. Puccetti risponde: «Teoricamente per impedire gli aborti e realizzare i propri obiettivi riproduttivi affidandosi alla contraccezione le donne dovrebbero adottare metodi contraccettivi in modo perfetto per circa 27 anni, un obiettivo che per chi conosce i dati è del tutto irrealistico. Inoltre molte fonti attestano che i determinanti immediati dell’aborto non poggiano solamente sulla contraccezione, ma vi sono molti altri elementi, soprattutto di ordine comportamentale a loro volta radicati nella formazione delle convinzioni. La promozione e diffusione della contraccezione si associa a cambiamenti comportamentali caratterizzati da un maggior rischio di gravidanze indesiderate ed una maggiore attitudine ad abortire in tali circostanze vanificando, o persino capovolgendo l’attesa riduzione degli aborti. Stati Uniti, Francia, Inghilterra, Galles, Scozia, Svezia, Olanda sono tutti terreni in cui queste dinamiche si sono realizzate. Non dobbiamo limitarci ad invocare la necessità di un’educazione sessuale nelle scuole se prima non si comprende che questa, al di là delle buone intenzioni, riducendosi ad educazione genitale con molta probabilità non risolve i problemi. La contraccezione tende ad impoverire la volontà delle persone, la capacità di dominio delle proprie pulsioni. Non si tratta di ipotesi, ma di fatti che una vera scienza non può disconoscere». L'intervista è apparsa su Zenit.it
Conferma il tutto il dott. Antonio Masuri, capo di una missione in Kenya. A Il Messaggero spiega: «Il profilattico senza conoscenza non basta. Il nostro primo lavoro è quello di educare la persona alla tutela della salute e ad una sessualità più legata ai sentimenti. L'esperienza ci insegna che purtroppo anche laddove arrivano grandi quantità di profilattici le persone continuano a scambiarsi il virus. Proponiamo sessualità consapevole, se occorre anche l'astinenza in certi casi».
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