mercoledì 11 novembre 2009

Il Cristianesimo abolì la schiavitù

Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù (Gal 3,28)

Natalia Ginzbur, ebrea e atea, dalle colonne dell'Unità il 22 Ottobre 1988, disse:
"Il crocifisso non genera alcuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana che ha sparso per il mondo l’idea di eguaglianza fra gli uomini fino ad allora assente. Il crocifisso rappresenta tutti perché prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono eguali e fratelli di tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei, neri e bianchi".

Non ci può essere dubbio che l'idea di eguaglianza essenziale tra tutti gli esseri umani è una idea essenzialmente e originalmente cristiana: chiamando Dio col nome di Padre, tutti i suoi figli sono fratelli, quindi non ci può essere disuguaglianza.
Il cardine fondamentale della legge morale cristiana è infatti l'amore del prossimo: amare gli altri, senza distinzione di ceto, sesso o razza, come sé stessi.

La sparizione della schiavitù è una della più clamorose e stupefacenti rivoluzioni. Un evento unico in quanto la schiavitù esisteva da sempre, tanto da essere ritenuta naturale, un “diritto”.

  1. Gustave Bardy (uno dei più grandi e recenti studiosi di Patrologia) descrive la situazione di Roma, patria del diritto, prima dell’arrivo del Cristianesimo:
    “All’ultimo posto della società e, almeno in alcuni casi, più vicini agli animali che all’uomo, ci sono gli schiavi.
    Essi non sono persone, ma cose, beni di proprietà che si acquistano e vendono, che si utilizzano a discrezione e da cui ci si separa una volta che si cessa di averne bisogno. La legge riconosce agli schiavi alcun diritto civile, così come lo schiavo non è autorizzato a fondare una famiglia, altrettanto è impedito dall’accedere ai culti nazionali"
    .
    (La conversione al cristianesimo nei primi secoli, Jaca Book 2002, pag. 19-20)

La Chiesa primitiva sosteneva che lo schiavo fosse uguale all'uomo libero, poichè anch'esso figlio di Dio. Ma i primi cristiani non avevano ancora il potere per stravolgere l’ordine sociale vigente e poterono limitarsi solo a raccomandare il buon trattamento degli schiavi, e ad essi chiedevano di non odiare, e rispettare i loro padroni poiché anch'essi figli di Dio e in questo modo diventare più "liberi" degli stessi uomini romani. Insomma, come si vede dalle lettere di san Paolo, era chiesto di seguire l'insegnamento di Gesù: amare gli altri come sè stessi, perfino i propri nemici (1 Timoteo 6,1).

Via via che il Cristianesimo dilagò per il mondo potè cominciare, attraverso i suoi valori morali, ad attenuare le dure leggi e le abitudini severe del mondo romano per migliorare successivamente le condizioni degli schiavi, che ottennero nel tempo una certa dignità morale. Tutto questo senza "colpi di stato" o manifestazioni di piazza, ma dimostrando quanto fosse più umano imitare l'esempio di comportamento di Gesù Cristo.

  1. Nel suo testo, il grande filosofo, critico letterario e antropologo René Girard, mostra come tutte le civiltà precristiane si fondavano sul rito sacrificale del capro espiatorio e sulla pratica culturale dei “sacrifici umani” (nelle religioni pagane, e come meccanismo sociale e politico nello schiavismo o nella pratica di guerra).
    E afferma: "I Vangeli si riveleranno da sé potenza universale, demitizzando e distruggendo i meccanismi della persecuzione e della colpevolizzazione della vittima. Tutto questo è stato spazzato via e che lo si sappia o no, responsabili di questo crollo sono i Vangeli"
    (Girard, Il capro espiatorio, Adelphi 1999, pag. 164-165)
    .
  1. Anche il filosofo tedesco Immanuel Kant era convinto che "il Vangelo è la fonte da cui è scaturita la nostra cultura, tutto ciò che noi chiamiamo la civliltà".

La sparizione della schiavitù non segue una riforma sociale o politica, non proviene dall’eredità della cultura classica (infatti teorizzavano lo schiavismo sia i filosofi greci che il diritto romano), né era patrimonio della tradizione ebraica, tantomeno apparteneva alla cultura islamica, non è stato l’esito di un progresso civile, di un’evoluzione storica: all’origine c’era un uomo: Gesù di Nazareth.

Con l’avvento del cristianesimo fu infatti proclamata la totale uguaglianza –in forza di Cristo- di ebrei e pagani, uomini e donne, schiavi e liberi. Questo annuncio di liberazione raggiunse il mondo intero. L'esempio di Gesù irrompe nella storia e attraverso i cristiani si fa scudo degli uomini indifesi.

E’ particolarmente significativo nel XV° secolo l’impegno dei Trinitari, sorti nel 1198 con l’approvazione di Innocenzo III°, che liberarono, nel periodo della loro attività circa 900.000 schiavi cristiani, lasciando se stessi in cambio. Persino Voltaire riconosceva la bellezza di questa storia esaltante.

  1. Leon Bloy, scrittore e saggista storico francese, afferma: "Gesù sta al centro di tutto, assume tutto e si fa carico di tutto, tutto soffre. E’ impossibile oggi colpire un qualunque essere senza colpire lui, è impossibile umiliare qualcuno o annientarlo, senza umiliare lui, maledire o assassinare uno qualsiasi, senza maledire o uccidere Lui".
    (Josè Descalzo, Gesù di Nazareth, pag. 25-26).

Dopo la scoperta dell'America si ripropose il problema della schiavitù, Papa Paolo III non esitò a condannare chiunque usasse violenza sugli Indios colonizzati (vedi qui).

Giuristi e filosofi, nel XV° secolo, dichiararono legale la schiavitù dei neri. La Chiesa, da sola, si oppose nuovamente condannando la schiavitù: papa Urbano IIX, con la bolla del 22 aprile 1639 e in modo definitivo da Gregorio XVI° con la lettera “In supremo” del 1839, affermarono: "In virtù della nostra autorità riproviamo il traffico dei negri come indegno del nome Cristiano. In virtù di questa stessa autorità proibiamo e interdiciamo ad ogni ecclesiastico o laico di considerare il traffico dei negri come lecito e sotto qualsiasi pretesto di predicare o insegnare in pubblico o in qualunque altro modo una dottrina in contrasto con quella apostolica" (Gregorio XVI, In Supremo).

Durante il Concilio Vaticano I° (1870) il vescovo Daniele Comboni si battè contro la schiavitù ed il mercato degli schiavi in Egitto.
Era convinto che non si poteva eliminare lo schiavismo a base di trattati come pensavano di fare le nazioni europee e scrisse: "l’abolizione della schiavitù decisa dalle potenze europee a Parigi nel 1856 è lettera morta per l’Africa centrale, propongo la scomunica ai cristiani che cooperano alla tratta degli schiavi, di non restituire gli schiavi che fuggono e che si rifugiano nelle missioni cristiane e di fronte alle proteste dei padroni, di andare in tribunale forti della legge abrogazionista egiziana".

In occasione dei 500 anni dall’invasione dell’America, Giovanni Paolo II°, durante la visita all’isola di Gorè, in Senegal, uno dei porti dove gli schiavi erano venduti all’asta, volle, nonstante tutto l'impegno della Chiesa nei secoli, chiedere agli africani di perdonare il crimine inumano commesso da coloro che si dicevano cristiani, ma che erano lontani dall'insegnamento di Cristo e della Chiesa.

  1. Queste evidenze storiche hanno permesso all'atea Margherita Hack di affermare: "Gesù è stato certamente la maggior personalità della storia. Il suo insegnamento, se è resistito per 2000 anni, significa che aveva davvero qualcosa di eccezionale: ha trasmesso valori che sono essenziali anche per un non credente". (Dove nascono le stelle, Sperling & Kupfer, Milano 2004, pag. 198).

  2. Il grande storico e politico Benedetto Croce affermò: "Il cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuta: così grande, così profonda, così feconda di conseguenze, così inaspettata e irresistibile nel suo attuarsi. Tutte le altre rivoluzioni, tutte le maggiori scoperte che segnano epoche nella storia umana, non sostengono il suo confronto, parendo rispetto a lei particolari e limitate. E le rivoluzioni e le scoperte che seguirono nei tempi moderni non si possono pensare senza la rivoluzione cristiana, in relazione di dipendenza da lei, a cui spetta il primato perché l’impulso originario fu e perdura il suo"
    (Dialogo su Dio: Carteggio, 1941-1952)
  3. .
  4. Anche l'ateo Albert Camus affermò:"Io non credo nella resurrezione però non posso nascondere l’emozione che sento di fronte a Cristo e al suo insegnamento. Di fronte a lui e di fronte alla sua storia non provo che rispetto e venerazione".

Questa messa al bando della logica dei “sacrifici umani” (a cui apparteneva lo schiavismo) non solo non fece decadere la società, come riteneva Nietzsche (una frase è rimasta famosa: "L'abolizione della schiavitù, presunto contributo alla "dignità dell'uomo", è in realtà l'annientamento di una stirpe profondamente diversa, mediante l'affossamento dei suoi valori e della sua felicità", qui un articolo interessante in merito),
ma fece fare un balzo a tutto lo sviluppo tecnologico. (Vedi qui).

  1. Chiudiamo con una frase del grande stoico e filosofo francese Leon Poliakov: "Purtroppo con la frattura protestante, l’avvento della cultura laica, illuminista [l'inizio dell'ateismo] e l’indebolimento della Chiesa, tornerà purtroppo a dominare l’ideologia razziale della diseguaglianza tra gli esseri umani. Addirittura giustificata con teorie scientifiche"(Leon Poliakov, Il mito ariano, Editori Riuniti 1999).

Riferimenti:
  1. Enciclopedia online Treccani (sotto la voce "decadenza della schiavitù tradizionale").
  1. Sito interessantissimo dal punto di vista della verità storica: Culturanuova.
  1. Indagine su Gesù, Antonio Socci, Rizzoli 2008.

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