L’Italia è parte integrante dell'Europa secolarizzata (anzi, post-secolarizzata, come dicono i sociologi), unica eccezione al mondo. Salvatore Abruzzese, docente di Sociologia della religione all'Università di Trento, membro del Centre d'Etudes Interdisciplinaires des Faits Religieux di Parigi, della Société Internationale des Sociologues de la Religion e del comitato di redazione degli Archives en Sciences Sociales des Religions, ci fornisce un quadro della situazione religiosa nella nostra penisola. Su Il Sussidiario scrive: «La nostra società è costantemente attraversata e perturbata da manifestazioni di sensibilità religiosa che, pur non ribaltando il quadro complessivo, non consentono affatto di ridurre l’universo della credenze e delle pratiche religiose ad una semplice persistenza del passato, né a confinarlo ad espressione superficiale e passeggera della cultura diffusa».
Il sociologo rivela che:
1) I luoghi religiosi (santuari, abbazie ecc): sono meta di un flusso continuo di pellegrini e di turisti. Luoghi come Padova, Assisi, Pietralcina non cessano di mobilitare quotidianamente masse consistenti di pellegrini. I “luoghi dello spirito” hanno anche il loro posto tra le guide del Touring.
2) Solennità religiose: le celebrazioni del Natale e della Pasqua raccolgono i due terzi degli italiani, mentre le ricorrenze dei Santi patroni dei singoli comuni continuano ancora, in modo spesso più solenne di quanto non avvenisse venti o trent’anni fa, a mobilitare energie e risorse, suscitando una partecipazione che è ben lontana dal diminuire. La percentuale di quanti dichiarano di frequentare regolarmente i riti religiosi supera il 30% e all’esterno di questa esiste almeno un altro 50% che dichiara di frequentare i riti con frequenze alterne.
3) Educazione religiosa: la larga maggioranza dei genitori (oltre l’80%) continua - oggi come quarant’anni fa - ad inviare i propri figli in parrocchia per la formazione religiosa di base e per la catechesi connessa alla prima comunione. E' in aumento la percentuale di quanti dichiarano necessario celebrare con un rito religioso i principali riti di passaggio, incluso il matrimonio: tra il 1990 ed il 2000 questa sale dal 79 all’82% degli italiani.
4) Scomparsa dei non praticanti: la vera novità è costituita non dalla scomparsa dei praticanti (come ogni buona teoria della secolarizzazione sostiene), ma da quella dei non praticanti: la percentuale di quanti dichiarano di non mettere mai piede in chiesa per assistere ai riti religiosi (indipendentemente da eventi privati) è in costante diminuzione dal 1981 ad oggi: nel 2005 supera di poco il 10% del totale degli italiani, quando all’inizio degli anni ’80 si presentava ancora al 21%. Tali frequentazioni del sacro non sono senza conseguenze. Fiducia istituzionale, lavoro, vita di coppia ed educazione dei figli si rivelano profondamente influenzati dalla dimensione della pratica religiosa.
Il sociologo Abruzzese, concordando con l'intervento del Patriarca di Venezia al Meeting di Rimini, conclude: «E' la ricerca di Dio e non la secolarizzazione a costituire la cifra della modernità contemporanea. Tutta questa serie di elementi - molti dei quali già noti, ma sempre pervicacemente ignorati - sposta completamente l’asse del problema. Non si tratta di interrogarsi sulla scomparsa della dimensione religiosa, bensì sulla sua invisibilità e la sua trasparenza rispetto alla cornice nella quale si situa. Il nodo dell’analisi è costituito non dall’assenza di Dio, bensì da un desiderio che non si trasforma automaticamente in appartenenza, non sfocia in un legame costante e significativo con la comunità dei credenti comunque intesa, ma resta situato sul piano affettivo, personale e privato. La dimensione religiosa resta un fiume carsico, pronto a sfociare solo quando qualcosa o qualcuno la sollecita, prospettando proposte concrete di esistenza, rivelando una vera e propria compagnia, capace di costituire legame sociale».
Il sociologo rivela che:
1) I luoghi religiosi (santuari, abbazie ecc): sono meta di un flusso continuo di pellegrini e di turisti. Luoghi come Padova, Assisi, Pietralcina non cessano di mobilitare quotidianamente masse consistenti di pellegrini. I “luoghi dello spirito” hanno anche il loro posto tra le guide del Touring.
2) Solennità religiose: le celebrazioni del Natale e della Pasqua raccolgono i due terzi degli italiani, mentre le ricorrenze dei Santi patroni dei singoli comuni continuano ancora, in modo spesso più solenne di quanto non avvenisse venti o trent’anni fa, a mobilitare energie e risorse, suscitando una partecipazione che è ben lontana dal diminuire. La percentuale di quanti dichiarano di frequentare regolarmente i riti religiosi supera il 30% e all’esterno di questa esiste almeno un altro 50% che dichiara di frequentare i riti con frequenze alterne.
3) Educazione religiosa: la larga maggioranza dei genitori (oltre l’80%) continua - oggi come quarant’anni fa - ad inviare i propri figli in parrocchia per la formazione religiosa di base e per la catechesi connessa alla prima comunione. E' in aumento la percentuale di quanti dichiarano necessario celebrare con un rito religioso i principali riti di passaggio, incluso il matrimonio: tra il 1990 ed il 2000 questa sale dal 79 all’82% degli italiani.
4) Scomparsa dei non praticanti: la vera novità è costituita non dalla scomparsa dei praticanti (come ogni buona teoria della secolarizzazione sostiene), ma da quella dei non praticanti: la percentuale di quanti dichiarano di non mettere mai piede in chiesa per assistere ai riti religiosi (indipendentemente da eventi privati) è in costante diminuzione dal 1981 ad oggi: nel 2005 supera di poco il 10% del totale degli italiani, quando all’inizio degli anni ’80 si presentava ancora al 21%. Tali frequentazioni del sacro non sono senza conseguenze. Fiducia istituzionale, lavoro, vita di coppia ed educazione dei figli si rivelano profondamente influenzati dalla dimensione della pratica religiosa.
Il sociologo Abruzzese, concordando con l'intervento del Patriarca di Venezia al Meeting di Rimini, conclude: «E' la ricerca di Dio e non la secolarizzazione a costituire la cifra della modernità contemporanea. Tutta questa serie di elementi - molti dei quali già noti, ma sempre pervicacemente ignorati - sposta completamente l’asse del problema. Non si tratta di interrogarsi sulla scomparsa della dimensione religiosa, bensì sulla sua invisibilità e la sua trasparenza rispetto alla cornice nella quale si situa. Il nodo dell’analisi è costituito non dall’assenza di Dio, bensì da un desiderio che non si trasforma automaticamente in appartenenza, non sfocia in un legame costante e significativo con la comunità dei credenti comunque intesa, ma resta situato sul piano affettivo, personale e privato. La dimensione religiosa resta un fiume carsico, pronto a sfociare solo quando qualcosa o qualcuno la sollecita, prospettando proposte concrete di esistenza, rivelando una vera e propria compagnia, capace di costituire legame sociale».
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